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25 novembre – progetto IDEA: Donne con disabilità spesso inconsapevoli di subire violenze, non denunciano, Agenzia Dire intervista ASPHI

Costrette a vivere una doppia discriminazione, legata sia alla loro condizione fisica sia al genere a cui appartengono, le donne con disabilità vanno spesso incontro anche ad una ‘vittimizzazione secondaria’, non vedendo molte volte riconosciute dalle istituzioni e persino dal sociale le violenze subite, psicologiche o fisiche, dunque di fatto non venendo credute. Se per una donna reagire ad un qualsiasi tipo di maltrattamento è già un’impresa difficile, dunque, per una donna disabile può diventare impossibile. Anche per questo quasi due anni fa, su iniziativa di Aism, in partnership con Associazione ‘Differenza Donna’, Human Foundation e Fondazione Asphi Onlus, è nato il progetto ‘Idea’, dedicato alle donne con sclerosi multipla che subiscono una ‘discriminazione multipla’, ma rivolto più in generale a tutte quelle donne che convivono con una disabilità e che hanno conosciuto o che ancora hanno a che fare con forme di discriminazione, sopraffazione, violenza verbale, fisica o psicologica in famiglia, oppure mobbing negli ambienti di lavoro.

Leggi di più e ascolta l’intervista di Emanuela Trevisi di ASPHI

FOCUS FONDAZIONE ASPHI ONLUS: “AIUTIAMO DONNE SU LUOGO LAVORO”

Dottoressa Trevisi, cosa può dirci in merito al mondo della disabilità e della discriminazione sul luogo di lavoro?

“L’attuale mondo del lavoro, che è sempre più competitivo e che richiede sempre più risposte performanti, ha ‘attutito’ in parte il tema. Mi spiego meglio: l’esperienza pandemica ci ha imposto una conciliazione dei tempi forzata e questo, in un primo momento, ha aiutato molto le donne lavoratrici. Ma post lockdown, quando le donne sono tornate a lavoro, tutte le attenzioni sulla conciliazione sono andate scemando; questo per dire che i ‘vecchi’ problemi sono ritornati in maniera preponderante, anche perché le condizioni di salute delle persone variano. Se poi ci confrontiamo con una malattia così altalenante come la sclerosi multipla, tali condizioni variano non solo di anno in anno ma anche di mese in mese. Quindi la lavoratrice, se non ha dietro un’organizzazione che sappia gestire il tema della disabilità ma anche della conciliazione tra lavoro e famiglia, si trova di fronte a non poche difficoltà. Senza contare gli aspetti legati alla carriera, perché noi abbiamo trovato tante donne insoddisfatte e non aiutate a perseguire gli obiettivi di carriera rispetto al loro percorso di studi”.

L’Aism ha messo a punto un Glossario proprio sulle donne e sulla disabilità. Tra le parole, compaiono anche ‘mobbing’ e ‘accomodamento ragionevole’. Cosa si intende esattamente con queste parole e in che modo le donne con disabilità possono essere discriminate sul luogo di lavoro?

“Quando parliamo di discriminazione e lavoro sia il mobbing sia l’accomodamento ragionevole diventano due vocaboli molto significativi: il ‘mobbing’ racchiude una serie di atteggiamenti persecutori che possono essere messi in atto su un individuo a vari livelli, attraverso il linguaggio oppure, nei casi più estremi, attraverso violenze fisiche; per ‘accomodamento ragionevole’ si intende invece un obbligo per il datore di lavoro, sancito dalla convenzione Onu per i Diritti per le persone con disabilità e ratificato dal nostro Paese, che garantisce un’inclusione e una reale uguaglianza delle persone con disabilità. Quello che noi perseguiamo con i nostri progetti è proprio di trovare situazioni ‘ragionevoli’, cioè sostenibili anche economicamente, per cercare non solo di adattare per esempio le postazioni lavorative come ambiente fisico, ma anche di riconciliare la persona disabile con il ciclo vita-cultura-lavoro. Tutto questo coinvolgendo direttamente la persona con disabilità, che deve diventare sempre più protagonista di un progetto di inclusione, perché è solo coinvolgendola che si può realmente lavorare al fine di garantire una piena partecipazione”. 

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