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Logo Domicilio 2.0

Sperimentazione di un modello di cura socio sanitario per la qualità di vita degli anziani

Le testimonianze degli operatori e la documentazione delle esperienze

Domicilio 2.0 Trailer

Domicilio 2.0: Intervista a Emanuele Antonietti (psicologo)
Domicilio 2.0: Michela Galliera racconta e consegna il Videoingranditore a una famiglia del progetto
Domicilio 2.0: Il lavoro di cura a domicilio
Domicilio 2.0: Intervista a Michela Galliera (OSS)
Domicilio 2.0 – Intervista ad Anna Temporini (psicologa)
Domicilio 2.0: Videoingranditore

Tratte dai diari degli operatori socio-sanitari e psicologi che hanno seguito le famiglie nei percorsi di supporto a casa legati al progetto di Fondazione Asphi onlus Domicilio 2.0

Convegno Tecnologia e innovazione dei servizi pubblici e privati per gli anziani

FAQ Convegno

Nel progetto Domicilio 2.0, la coppia anziano con demenza e caregiver primario sono stati contattati dai medici geriatri da cui sono in cura. I medici hanno presentato e proposto il progetto. Le coppie che hanno accettato sono state poi incontrate dagli psicologi per una valutazione iniziale e per compilare un questionario conoscitivo su interessi, aspettative, vita quotidiana, uso delle tecnologie, preparato dalla squadra di Fondazione ASPHI. 

Per ogni coppia che ha deciso di partecipare al progetto, si è riunita un’equipe composta da: geriatra, psicologo, esperto di tecnologie assistive, assistente sociale, pedagogista e operatore socio sanitario e a volte, a seconda delle esigenze, fisioterapista, neurologa, educatore esperto di terza età, ortottista e audiometrista. 

L’equipe ha definito degli obiettivi e delle attività da svolgere a domicilio (stimolazione cognitiva e motoria, comunicazione, sollievo per il caregiver, autonomie, adattamento ambientale) e le tecnologie da sperimentare. Le attività sono state proposte e presentate alla coppia dall’operatore (psicologo o OSS) che si è recato a domicilio a cadenza bisettimanale. Ogni settimana un sottogruppo operativo composto da operatore a domicilio, esperti di tecnologie assistive, coordinatore del progetto, assistente sociale e psicologo si sono riuniti per fare il monitoraggio della sperimentazione e calibrare o adattare attività, obiettivi e tecnologie sperimentate in base a quanto emerso nel lavoro a casa. 

Spesso in itinere si è adattato il percorso perché sono emersi nuovi desideri, bisogni, aspettative, problemi, incertezze, curiosità e complessità. Si è quindi in diversi casi adattato il tipo di attività e gli strumenti tecnologici proposti.

I tablet, così come tutte le altre tecnologie sperimentate (assistenti vocali, sensori domotici, orologio gps, videoingranditori, portapillole automatici, ecc.) e i costi della connessione internet sono stati finanziati dal progetto e sono stati lasciati alle famiglie terminata la sperimentazione. In alcuni casi, le famiglie hanno deciso di installare internet a proprie spese per continuare a usare le tecnologie, una volta terminata la sperimentazione.

Alcune delle attività e degli strumenti presentati sono stati proposti a partire da progetti in cui Fondazione ASPHI Onlus lavora assieme a centri diurni e strutture residenziali. Rispetto a questo tipo di attività, ti invitiamo se non li visti in diretta, a rivedere la registrazione della sessione del pomeriggio). Per garantire maggiore sostenibilità futura, e se non ci sono esigenze particolari, nei nostri progetti di solito proponiamo di sperimentare soluzioni che sono sul mercato a prezzi medio bassi. Per molti strumenti, anche se non tutti, la connessione internet è però indispensabile. Laddove non c’era connessione wifi, nel progetto Domicilio 2.0, abbiamo proposto la connessione con dati telefonici (tablet con scheda o saponetta).

La tavola rotonda intendeva affrontare proprio questo aspetto.  In base a quanto emerso anche dal convegno ci sembra di poter dire che l’investimento più importante per trasformare esperienze sperimentali come Domicilio 2.0 in servizi sostenibili sia l’investimento nelle persone e negli operatori (sia in termini di numero, ruolo professionale e formazione). Il lavoro coordinato di equipe tra professionalità sociali, sanitarie e tecnologiche, e il lavoro a domicilio richiedono un’innovazione di processo rispetto a come intendiamo la cura delle persone fragili.

La nostra speranza è che si possano utilizzare le risorse del PNRR anche per dare avvio a innovazioni di processo di questo tipo. Dal nostro punto di vista, la digitalizzazione della cura e la diffusione delle tecnologie assistive possono contribuire a un cambiamento di paradigma solo se sono supportate da un modello bio-psico-sociale di salute, da un’ibridazione tra professioni sociali e sanitarie, dal riconoscimento e la mobilitazione delle risorse spontanee del territorio, e – in generale – da una riforma delle politiche di cura incentrate sulla prossimità.

Per il progetto abbiamo stilato un protocollo ad hoc. Esperienze di questo tipo, caratterizzate dal coinvolgimento diretto dei servizi sociosanitari del territorio, sono ancora pochissime in Italia. Sicuramente uno degli obiettivi del prossimo futuro sarà quello di abbozzare linee guida operative che possano essere di riferimento per replicare e allargare la scala di questo tipo di intervento.

Nel progetto sono stati coinvolti in prima battuta i caregiver primari, il più delle volte mariti, mogli e figli. Ma durante il lavoro a domicilio sono emerse e sono state coinvolte figure esterne molto importanti: dalle assistenti familiari, ad amici e amiche e, a volte, anche vicini di casa.