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Fibromialgia e lavoro: quali “accomodamenti ragionevoli”?

Dolore Cronico e impatto sul lavoro

Per chi soffre di fibromialgia, lavorare può essere difficile. Sia per il dolore cronico diffuso e la persistenza stanchezza – i sintomi principali della sindrome fibromialgica – sia per altri sintomi spesso concomitanti (come ad esempio la confusione mentale, l’ipersensibilità, i disturbi del sonno) in grado di peggiorare la condizione di salute. Per giunta, chi ne soffre a volte fatica a essere creduto, perché la fibromialgia rende disabili senza che la disabilità sia evidenziata: il dolore è invisibile dall’esterno. Facile, quindi, che negli ambienti di vita, incluso quello lavorativo, si generino difficoltà e incomprensioni. Così scrive Barbara Suzzi, presidente del Comitato Fibromialgici Uniti (CFU Italia-odv) in un articolo del maggio 2022 su Sanità 24 de Il Sole 24 ore

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Quello del lavoro, per le persone con fibromialgia, è un problema oggettivo, ben tangibile proprio nelle numerose testimonianze che ogni giorno, a macchia di leopardo, giungono all’attenzione di associazioni di pazienti come il Comitato fibromialgici uniti – Italia (CfuItalia Odv). Sono proprio queste testimonianze ad aver generato la spinta necessaria alla realizzazione del progetto Fibromialgia e lavoro: quali “accomodamenti ragionevoli”?, frutto di un lavoro a quattro mani di Fondazione Asphi Onlus, CISL, Cfu-Italia Odv e Fondazione Isal – Ricerca sul dolore e con l’apporto di altri esperti e giuslavoristi.

La ricerca su Fibromialgia e Lavoro

La ricerca ci ha permesso di incontrare le storie dei tanti lavoratori e lavoratrici con fibromialgia che hanno deciso di condividere la propria esperienza: in questo abbiamo avuto l’impressione che, ad essere raccontato, fosse non solo il disagio quotidiano o il bisogno di essere giustificati, semmai la volontà di essere giudicati per la propria capacità di essere utili. E, d’altro canto, il mantenimento della capacità di generare valore in termini produttivi è anche l’obiettivo che hanno le stesse aziende datrici di lavoro.

A fronte di questa duplice necessità di attenzione, quali soluzioni è possibile attuare per modificare l’ambiente di lavoro in modo da renderlo inclusivo e dunque produttivo attraverso opportuni «accomodamenti ragionevoli»? È questa la domanda a cui vuole rispondere il progetto, che parte dal presupposto secondo il quale determinati fattori – personali e ambientali – possono rappresentare, per persone con particolari condizioni di salute, dei facilitatori che favoriscono le performance o delle barriere con un effetto limitante.

In accordo con l’approccio della “Classificazione Internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute” (International Classification of Functioning, Disability and Health, ICF), la disabilità si riscontra infatti solo nel caso in cui le condizioni esterne siano di ostacolo alla vita della persona. Da questa prospettiva, anche una persona con fibromialgia, se inserita in un contesto facilitante, può essere pienamente valorizzata ed esprimere efficacemente le proprie potenzialità. L’incontro tra le organizzazioni che hanno realizzato il progetto, ha reso possibile la creazione di un gruppo di lavoro di alto profilo qualitativo ed esperienziale finalizzato proprio a studiare se è possibile prevedere «adattamenti ragionevoli», definiti ai sensi della Convenzione Onu e della Direttiva europea 2000/78/Ce, in grado di prevenire le discriminazioni generate dalla fibromialgia e il suo impatto sulle pari opportunità nell’ambiente di lavoro e di trasformare le barriere presenti nell’ambiente di lavoro in facilitatori della piena espressione individuale.

Lo studio, durato tre anni, è partito dalla somministrazione di questionari a un ampio campione di persone con fibromialgia iscritte ai canali social del Cfu-Italia Odv (ricevute 1200 risposte), per indagare barriere e facilitatori che hanno influenza sulla qualità del lavoro, intesa non solo come prestazione lavorativa, ma anche come qualità delle relazioni, livello di partecipazione, comunicazione e tutti gli aspetti che compongono la vita professionale di una persona all’interno di un’organizzazione. A questa prima fase, ne è seguita una seconda che ha previsto l’organizzazione di due focus group per approfondire i risultati emersi grazie alla fase precedente e, soprattutto, per comprendere quali potrebbero essere i più opportuni «accomodamenti ragionevoli» per migliorare la vita professionale delle persone con fibromialgia partendo proprio dal punto di vista di chi ne è affetto.

Questi dati sono stati approfonditi utilizzando un approccio bio-psico-sociale sia ai lavoratori con fibromialgia che al contesto lavorativo in cui loro operano, al fine di descrivere funzionalmente l’abbinamento tra il lavoratore e la mansione. Si possono così identificare i fattori ambientali utili a migliorare la performance e allo stesso tempo ridurre le situazioni di svantaggio in cui si possono trovare le persone con fibromialgia nell’ambito lavorativo. La ricerca ha consentito di conoscere più da vicino la vita di chi soffre di fibromialgia e il rapporto con l’ambiente lavorativo, compiendo un viaggio nella quotidianità di incomprensioni, dolore, delusione e speranze che le cose possano cambiare.

Partendo dalla definizione di dolore, sono stati tratteggiati i segni e i sintomi che nella clinica consentono di porre una diagnosi di fibromialgia, narrando le multiformi espressioni, talvolta misconosciute, che ruotano attorno al disegno della sofferenza che questa sindrome è in grado di generare. Molti contenuti dell’esito del progetto si riferiscono al quadro degli «accomodamenti ragionevoli» partendo dai principi giuridici derivanti dalla Convenzione Onu, dalla normativa europea e da quella nazionale, per definirlo compiutamente in base ai pronunciamenti della giurisprudenza europea e nazionale.

Una disamina che consente di comprendere l’entità dell’accomodamento dell’ambiente di lavoro, i confini della sua ragionevolezza e i destinatari di questa normativa, non riducibili – per quanto riguarda l’Italia – alle sole categorie protette. Il quadro normativo e giurisprudenziale così descritto permette di inquadrare le tutele dell’ordinamento lavoristico a favore delle persone con fibromialgia, in particolar modo per quanto concerne l’applicabilità a questi lavoratori delle norme in materia di «accomodamenti ragionevoli», per passare poi ad un ragionamento più ampio sulla trasversalità delle esigenze dei lavoratori con fibromialgia rispetto ad altre categorie e sulle sinergie attivabili con un approccio sistemico.

Infine, la ricerca ha permesso di meglio identificare degli esempi di supporti tecnologici idonei a sostenere i percorsi individuali delle persone con fibromialgia nella permanenza nel proprio ambito lavorativo, riducendo così il disagio e le barriere.

I dati e tutti gli approfondimenti realizzati e sopra descritti, sono stati raccolti in una pubblicazione con il titolo “Fibromialgia e lavoro: quali “accomodamenti ragionevoli” – 2020, Edizioni Lavoro – in prossima ristampa nella collana “Il filo di Igea” dedicata proprio al rapporto tra salute e lavoro.

Presenteremo questo progetto a EXPOAID il 22 e il 23 settembre a Rimini, nello stand di ASPHI n.44 leggi di più

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